Il Cavallo Arabo tra Mito e Realta’

Roberto Chiezzi è un caro amico, allevatore
di Puro Sangue Arabi Straight Egyptians
Pubblico con immenso piacere sul nostro sito questo suo scritto,
nato da questa incredibile passione per i Cavalli Arabi

 

Il Cavallo Arabo tra Mito e Realta’
Il nitrito che umilia gli idolatri, le puledre che scalpitano scintille
Nessun’altra razza è circondata da un alone mitico come quella del cavallo Arabo. Le leggende, i racconti che si fondono con la storia di questi animali e delle Tribù Beduine del deserto traggono origine nella qualità eccezionale di questi cavalli. Selezionati nel corso dei secoli da un ambiente ostile e dalla vita in comune, sotto le stesse tende, con i nomadi della penisola Arabica hanno influenzato la letteratura e la poesia di questo popolo in modo eccezionale: “il bevitore di aria” ha dominato la cultura durante l’era dei poeti ancor prima dell’Islamismo. In un’epoca in cui ai poeti erano attribuite doti soprannaturali, veniva considerato un grande onore poterli ospitare sotto la propria tenda: JBN Rashing di Kairouna, morto nel 1604, noto come il più grande poeta del suo tempo diceva: Gli Arabi si scambiano gli auguri in tre circostanze: “la nascita di un figlio maschio, l’arrivo improvviso di un poeta, il parto di una cavalla”.
Accanto alle imprese eroiche la lirica Araba aveva come tema principale l’esaltazione del cavallo; il sangue di un beduino apparteneva alla sua tribù, la sua anima ad Allah, il suo cuore alla sua cavalla. La giumenta era un membro della famiglia, divideva il giaciglio con l’uomo e i bambini crescevano fra le sue zampe. Negli assalti alle carovane la vita dei predoni dipendeva dalla velocità e resistenza delle cavalle, le uniche utilizzate nelle razzie perché gli stalloni venivano considerati inaffidabili. Per questo l’origine delle proprie fattrici era fondamentale per i beduini, la recitavano a memoria fino alla quindicesima generazione come una preghiera. Per questo i puledri nati appartenevano alla famiglia della fattrice non dello stallone. I beduini non vendevano mai le loro cavalle, il solo modo di procurasele era il furto. Se una tribù s’impossessava di un cavallo nemico, il giorno dopo mandava un emissario a chiedere informazioni sulla sua genealogia, che puntualmente venivano fornite con la speranza di potersi riprendere prima o poi l’animale.
I racconti nelle “Tende nere” avevano sempre come tema l’origine dei cavalli più celebri che avevano fondato una dinastia. Uno dei più famosi si rifà a Re Salomone figlio di Davide (Suleiman Ibn David) che così innamorato delle sue giumente si scordò per ammirarle dell’ora della preghiera al suo Dio. Per espiare ordinò di ucciderle tutte, da questo massacro si salvarono cinque femmine, una di queste gravide che partorì un maschio capostipite della razza. Con i nomi attribuiti alle cinque cavalle si volle così descrivere le loro qualità:
Koheilan dagli stupendi occhi neri come quelli delle ragazze che usavano truccarsi con il “Kajal”.
Obeyan che portava la coda così orgogliosa e alta come il mantello dei beduini “Abaya”.
Dahman con il pelo molto scuro “Duhm”.
Shuwaimeh con una voglia “Shama” trotinata, la cosiddetta “macchia del Profeta” venuta dal sangue versato durante una fuga del Profeta ferito sul collo dalla cavalla.
Saglawieh che possedeva al galoppo un’andatura gioiosa e impulsiva “Sagla”.
Nascono così le cinque più importanti famiglie del Purosangue Arabo, di cui le principali sono la Saglawieh, personificazione del tipo femminile con una bellezza molto delicata a testa snella e camusa; e la Koheilan che rappresenta il tipo maschile con il collo robusto, la testa larga e ossatura più massiccia.
E’ comunque con l’apparizione di Maometto (570 d.c.) nelle vesti del Profeta che si ha il vero impulso nella storia moderna dell’allevamento del cavallo arabo, è difficile infatti scindere questo destriero dal mondo dell’Islam. Fu lo stesso profeta che fece dell’allevamento dell’”Asil”, il puro, un obbligo religioso. Capì che per avere un’armata invincibile doveva incoraggiare a mantenere assolutamente “puro” il sangue di questi cavalli, più veloci, più resistenti, più frugali, più docili, più nevrili di quelli dei suoi nemici.
I cavalieri che possedevano un “Asil” avevano bottino doppio degli altri durante le scorrerie, proibì assolutamente gli incroci perché convinto che il sangue puro fosse enormemente superiore e una volta contaminato non si recuperasse più.
Dal Corano: “Se un uomo non riesce a mantenere i suoi doveri Religiosi, mantenga un cavallo Asil per la gloria di Allah, gli saranno perdonati i suoi peccati. Chi avrà allevato un cavallo Asil per la Guerra Santa, nel giorno della Resurrezione verrà salvato dal fuoco dell’Inferno”.
Quando Dio creò il cavallo disse al vento del sud: “Io voglio creare da te un essere per onorare i miei Santi, per umiliare i miei nemici, per far grazia a quelli che mi obbediscano”. Il Vento del sud parlò e disse: “Crea o Signore!”. Allora Dio prese una manciata del Vento del sud e disse: “Il tuo nome sia Arabo, la tua bontà sia legata alla tua criniera e il bottino sulla tua groppa, a te sia dato di ampliare il sostentamento della vita; sarai amico del tuo proprietario, sarai favorito tra gli altri animali da soma; avrai forza di volare senz’ali sia in attacco, sia in fuga; farai sedere sulla tua groppa uomini che Mi adoreranno e loderanno e Mi canteranno degli Alleluia”.
E quando il cavallo con i suoi zoccoli sfiorò la terra Dio parlò: “Umilia con il tuo nitrito gli idolatri, ottura le loro orecchie e colma il loro cuore di paura”.
E quando Dio mostrò ad Adamo tutte le cose che aveva creato disse: “Scegli una delle mie creature”. E Adamo scelse il cavallo. Allora Dio parlò e disse: “Tu hai scelto il tuo onore e l’onore dei tuoi figli, un onore che durerà in eterno”.
Per le puledre veloci che corrono anelanti, che scalpitano scintille, che gareggiano in corsa di primo mattino, che alzano nuvole di polvere nel pieno dell’orda nemica” (CORANO SURA 100).-
E’ probabile che ai lettori questo alone leggendario risulti noioso e astruso dalla realtà, ma forse è proprio questo che accomuna noi “arabisti” e ci differenzia dagli altri appassionati del mondo equestre: subiamo tutti il fascino un po’ struggente e malinconico di una poesia e una leggenda che non esistono più.
Roberto Chiezzi

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